Quando la notte

“Tu mi hai rimesso in braccio il mio bambino per sempre”
Con queste parole Marina fa sentire la forza che la lega a Manfred e che l’ha fatta sentire a lui connessa nei 14 anni che sono trascorsi da quella fuga in montagna 14 anni fa e che li ha fatti incontrare quando era in cerca di un rifugio con il suo bambino di due anni, in fuga da se stessa, dal suo stritolante ruolo di madre.

Questa sera mi ero seduta sul divano per allattare Laura, ho acceso la televisione e sono rimasta bloccata di fronte a immagini che avevo letto, scene, immagini raccontate nel libro “Quando una notte” di Cristina Comencini che avevo letto un paio di figli fa.
Una storia fortissima di una madre in fuga dai suoi sentimenti ambivalenti di amore ed odio, sentimenti che imparerà ad accettare.
Come Cristina Comencini racconta in un’intervista, “Quando la notte, è la storia di un uomo e una donna che non si conoscono e per scoprire chi è l’altro si ascoltano (…) È la storia delle differenze profonde tra l’uomo e la donna, congiunte da un bambino.”
Del film mi hanno colpito gli interni angoscianti, la madre che durante un interminabile pomeriggio di pioggia diventa prigioniera del proprio bambino. Il pianto del bambino durante la notte che diventa terremoto per l’instabile equilibrio della donna.
E poi i dialoghi tra Marina e Bianca, due donne, due madri che hanno provato che non si può dare per scontato l’amore materno e sanno aprirsi l’una verso l’altra, condividendo dei giorni che porteranno dentro per sempre.
Bianca che sostiene con gioia e fatica il suo ruolo di madre alimentandosi dello stupore che il marito lascia trasparire dai suoi occhi quando giorno dopo giorno scopre che la sua donna riesce a resistere e a crescere insieme ai suoi tre figli.
Di fronte a questi dialoghi tra madri, ai loro sguardi, ai loro silenzi sono scese in me le lacrime. Sono riaffiorate alla memoria le sensazioni di tregua dalla tempesta ormonale, emotiva, psicologica (e aggiungete tutto il resto che vi viene in mente) che il confronto con amiche mamme mi ha donato. La possibilità di esternare quella sensazione di non farcela più e la gioia che si prova a scoprire giorno per giorno che qualcosa di meraviglioso, ancora una volta, può iniziare.

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